I lavoratori autonomi e le imprese con personale dipendente, la cui attività è stabilita sul territorio italiano, possono svolgere prestazioni di servizi nella Confederazione Elvetica per un massimo di 90 giorni di calendario per anno civile, nel pieno rispetto delle disposizioni previste dall’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC), siglato tra Unione Europea e Svizzera.
L’ALC disciplina la mobilità dei lavoratori, sia subordinati che autonomi, tra i due territori e introduce un insieme di ‘misure di accompagnamento’ finalizzate a garantire condizioni di lavoro eque e concorrenza leale sul mercato svizzero. Tali misure prevedono una serie di adempimenti obbligatori da parte delle imprese estere che intendono operare temporaneamente in Svizzera, tra cui il rispetto dei livelli salariali minimi svizzeri, la notifica preventiva delle prestazioni alle autorità competenti e, in determinati casi, il versamento di una cauzione a garanzia del rispetto degli obblighi contrattuali e normativi.
Il mancato adempimento di tali prescrizioni può comportare l’applicazione di sanzioni significative e la possibile interdizione temporanea o permanente dallo svolgimento di attività sul territorio elvetico. Risulta pertanto fondamentale per le imprese che intendono operare in Svizzera adottare un approccio strutturato alla compliance normativa, assicurando un monitoraggio costante delle procedure e un’attenta pianificazione degli interventi transfrontalieri."
Le imprese italiane, siano esse individuali (lavoratori autonomi) o società con dipendenti, che intendono erogare prestazioni di servizio in Svizzera (in forma autonoma o impiegando proprio personale) possono farlo senza necessità di permesso a condizione che l’operazione rientri nei limiti del regime previsto dall’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC) tra l’UE e la Svizzera. In particolare:
Anche se si prevede un cambio di luogo di lavoro o un’estensione del periodo rispetto a quanto notificato, è necessario comunicarlo tempestivamente e, se la nuova durata supera l’originario termine o il limite dei 90 giorni, occorre avviare le procedure per ottenere il permesso di lavoro svizzero.
Le autorità competenti svizzere prevedono controlli, e il mancato rispetto degli obblighi di notifica, o il superamento del limite dei giorni, può comportare sanzioni amministrative di rilievo (anche fino a migliaia di franchi/forfettari, blocco delle prestazioni, ecc.).
Le misure di “accompagnamento” implicano inoltre il rispetto delle condizioni salariali e normative locali: l’impresa che presta servizio in Svizzera deve assicurare che i propri dipendenti (o l’attività autonoma) siano trattati quanto meno alle condizioni o salari applicabili in Svizzera per attività analoghe.
Occorre tenere traccia della conferma della notifica (numero di protocollo), conservarla insieme al contratto/ordine con il committente svizzero ed alla eventuale attestazione A1 (in caso di dipendenti) e a qualunque documentazione richiesta. In caso di controllo, la mancanza documentale può comportare sanzioni.
Link utili e suggerimenti:
Il datore di lavoro che invia personale in trasferta in Svizzera, deve garantire il pieno rispetto delle condizioni retributive minime previste dalle misure di accompagnamento all’Accordo sulla libera circolazione delle persone tra Unione Europea e Confederazione Elvetica, come disciplinato e costantemente monitorato dalla SECO. La normativa svizzera, in particolare la Legge federale sui lavoratori distaccati (EntsG) e la relativa ordinanza di applicazione (EntsV), stabilisce che i lavoratori distaccati debbano percepire almeno le condizioni salariali e lavorative minime applicabili nel ramo professionale e nella regione di destinazione. Ciò comporta l’obbligo, per il datore di lavoro italiano (o europeo), di applicare le tabelle salariali dei contratti collettivi elvetici (CCL) quando queste risultano più favorevoli rispetto al trattamento economico riconosciuto nel paese d’origine, inclusi tutti i supplementi obbligatori previsti, quali ferie, festività e tredicesima, che concorrono alla determinazione della retribuzione complessiva dovuta. In tale contesto, devono essere riconosciute anche le indennità di trasferta, il vitto qualora non fornito direttamente dall’azienda (con possibilità di documentare i pasti tramite scontrini o ricevute) e l’eventuale rimborso chilometrico per l’utilizzo del mezzo proprio, in conformità al CCL di riferimento e alle prassi consolidate nei contratti collettivi dichiarati di obbligatorietà generale in Svizzera. Vista la differenza talvolta significativa tra il salario nazionale e quello svizzero, risulta opportuno prevedere l’erogazione di anticipi retributivi entro la fine del mese di competenza, così da evitare irregolarità e possibili contestazioni da parte delle autorità ispettive elvetiche.
Dal punto di vista amministrativo, è necessario procedere alla notifica preventiva del distacco alle autorità cantonali svizzere competenti, assicurandosi inoltre che ogni lavoratore disponga del certificato A1 rilasciato dall’INPS, il quale garantisce la continuità della copertura previdenziale nel paese d’origine. Rimangono pienamente attive le misure di accompagnamento contro il dumping salariale, la cui applicazione è affidata a commissioni tripartite che effettuano controlli approfonditi sul rispetto delle condizioni minime. Per questo motivo è fondamentale verificare, settore per settore e cantone per cantone, l’eventuale presenza di CCL dichiarati di obbligatorietà generale, poiché solo essi risultano vincolanti per i datori di lavoro stranieri.
Il recente pacchetto “Bilaterali III”, negoziato tra Svizzera e Unione Europea nel dicembre 2024, prevede inoltre possibili aggiornamenti in materia di vigilanza salariale e gestione del distacco, rendendo ancora più importante monitorare con continuità l’evoluzione normativa. Le conseguenze in caso di mancato rispetto del trattamento economico minimo possono essere particolarmente onerose, includendo sanzioni pecuniarie rilevanti fino al divieto temporaneo di operare sul territorio svizzero.
In un contesto di internazionalizzazione, è fondamentale adottare processi strutturati che permettano di individuare il CCL applicabile, stimare in anticipo la differenza retributiva da riconoscere, gestire con precisione anticipi e documentazione (incluso il certificato A1) e svolgere controlli periodici per assicurare la piena conformità alle norme svizzere. Un’organizzazione efficace di queste attività tutela l’azienda da rischi ispettivi e garantisce ai lavoratori condizioni chiare, corrette e coerenti con gli standard internazionali
Link utili e suggerimenti
In un’ottica di internazionalizzazione operativa, è essenziale considerare che in molti Cantoni svizzeri e in numerosi settori è previsto un obbligo di cauzione per le imprese che intendono operare con lavoratori distaccati: questa somma va versata prima dell’avvio dei lavori e rimane vincolata fino al completamento dell’iter di controllo da parte delle commissioni paritetiche.
Si tratta quindi di un deposito obbligatorio che un’impresa straniera deve versare prima di iniziare i lavori in Svizzera. La cauzione può essere costituita sia in denaro (contanti), depositando l’importo in un conto vincolato, sia tramite una garanzia bancaria o assicurativa: in quest’ultimo caso la banca o l’istituto assicurativo devono essere soggetti all’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, la FINMA. La gestione operativa di questo obbligo è affidata all’Ufficio Centrale Svizzero per le Cauzioni (UCSC), che agisce per conto delle commissioni paritetiche dei vari CCL.
Per accertare l’eventuale obbligo di cauzione previsto per il settore di appartenenza e per il Cantone interessato, nonché per reperire informazioni aggiornate su importi, modalità di versamento, procedure di rimborso e modelli di garanzia, è possibile consultare il sito ufficiale della Zentrale Kautions-Verwaltungsstelle Schweiz, che mette a disposizione una serie di risorse dedicate.
Link utili e suggerimenti:
A partire dal 1° novembre 2014, le autorità svizzere hanno chiarito che, salvo il titolare di una ditta individuale, i soci (in società quali S.n.c., S.r.l., S.a.s., cooperative, S.p.A. etc.) che svolgono prestazioni di servizio in Svizzera per conto della loro società devono essere notificati come dipendenti distaccati (posted workers).
Il documento della SECO al punto “owner/shareholder” effettua una precisazione, ovvero occorre valutare 1) se il socio è in posizione di subordinazione verso l’azienda (cioè quando il socio non ha solo un ruolo di capitale ma fa effettivamente lavoro e dipende economicamente dall’azienda), in tal caso può essere classificato come “dipendente” per la notifica. 2) Se invece il socio “assume il rischio economico principale” (cioè ha un forte rischio imprenditoriale), allora potrebbe essere considerato come prestatore di servizi indipendente (“self-employed”) e notificato come tale.
Ogni notifica, che ricade nella condizione numero 1 sopra esposta, deve essere effettuata nella categoria “dipendenti distaccati”. Questa procedura non è facoltativa: prevede l’obbligo di rispettare i salari minimi, analogamente a quanto accade per i dipendenti subordinati inviati in trasferta in territorio elvetico.
In concreto i soci di S.n.c., S.r.l. e S.a.s. in posizione di subordinazione verso l’azienda:
Link utili e suggerimenti
Gli ispettori svizzeri richiedono di poter verificare quante ore effettivamente siano state lavorate in Svizzera, soprattutto per i lavoratori notificati come dipendenti distaccati. Per questo motivo è essenziale registrare con precisione le ore di lavoro, in modo da garantire trasparenza e conformità alle normative elvetiche.
Un punto cruciale: dal punto di vista delle autorità svizzere, anche il tempo di tragitto dalla dogana fino al cantiere (o al luogo di lavoro in Svizzera) può essere considerato come “lavoro effettivo”. In particolare se un dipendente entra in Svizzera, il tempo che impiega per recarsi dal punto di ingresso al cantiere è, in molti casi, da includere nel computo delle ore lavorative.
Questo è in linea con la normativa svizzera sull’orario di lavoro: secondo l’articolo 13 dell’Ordinanza 1 sul Lavoro (ArGV 1), nei viaggi di lavoro transfrontalieri “il tempo trascorso in entrata e ritorno in territorio svizzero è, di norma, considerato come tempo di lavoro.” Inoltre, per il diritto del lavoro svizzero, le imprese devono documentare le ore giornaliere e settimanali dei dipendenti, compresi straordinari e lavoro compensativo
Link utili e suggerimenti:
Si raccomanda pertanto di:
Per una pianificazione corretta delle attività transfrontaliere, è fortemente consigliato informare preventivamente l’INAIL in merito all’esecuzione di prestazioni di lavoro in territorio svizzero. Secondo la normativa INAIL, quando l’azienda distacca dipendenti o collaboratori in un Paese con cui esistono accordi bilaterali (come è il caso della Svizzera), resta obbligatorio versare il premio assicurativo per la copertura infortuni anche durante il periodo di distacco.
Dal punto di vista organizzativo e di compliance, questa comunicazione preventiva consente di verificare che la copertura INAIL continui correttamente durante il distacco, evitando lacune assicurative. In secondo luogo permette di pianificare correttamente il budget aziendale, tenendo conto del premio INAIL calcolato secondo le tariffe previste per il “distaccatario” (ossia il luogo di impiego). Infine consente anche di preparare la documentazione corretta in caso di infortuni: è importante sapere che la denuncia dell’infortunio sul lavoro o della malattia professionale spetta al datore di lavoro “distaccante”, ovvero quello che mantiene il rapporto contrattuale con il lavoratore. È altrettanto raccomandabile che i dipendenti che si recano in Svizzera per lavoro siano sempre muniti di tessera sanitaria della Regione Lombardia (o della Tessera Sanitaria Nazionale / TEAM), se applicabile. In particolare, i cittadini italiani iscritti al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) mantengono il diritto all’assistenza sanitaria in Svizzera per prestazioni urgenti o “medicalmente necessarie”. In questi casi, è sufficiente esibire la TEAM (Tessera Europea di Assicurazione Malattia), che è la parte retro della Tessera Sanitaria Nazionale italiana. Nel contesto della Regione Lombardia, è prevista anche un’assistenza sanitaria indiretta transfrontaliera: in alcune situazioni l’assistito anticipa le spese e poi può richiedere il rimborso
Link utili e suggerimenti:
Quando un’impresa straniera effettua prestazioni di lavoro in territorio svizzero coinvolgendo lavoratori dipendenti, può essere soggetta a specifici oneri contributivi: non solo i classici contributi sociali, ma anche contributi “professionali” e contributi alle spese di esecuzione. Le “spese di esecuzione” sono costi che le commissioni paritetiche (o altri organi di controllo legati ai CCL) sostengono per garantire l’applicazione dei contratti collettivi (controlli, amministrazione, interpretazione, ecc.). Questi contributi possono essere imposti anche a imprese estere che operano in Svizzera.
Di seguito alcuni esempi concreti:
L’uso di questi contributi (cioè a quali attività servono) è definito nello stesso CCL: formazione, perfezionamento, spese di esecuzione, organi di controllo, segreteria, ecc. L’“Ufficio di controllo” del CCL può raccogliere questi contributi trattenendo dalla busta paga dei dipendenti. Esiste inoltre anche un obbligo di indicare questi contributi in modo visibile nella busta paga. Generalmente questi contributi non vengono trattenuti solo tramite salario: gli enti preposti (spesso commissioni paritetiche legate al GAV) richiedono il pagamento dopo l’effettiva esecuzione delle prestazioni in Svizzera. Nel caso del CCL per i laboratori di protesi dentaria”, ad esempio, i contributi di esecuzione mensili vanno trattenuti dal salario lordo e devono comparire sulla busta paga. In questo caso il datore di lavoro ha l’obbligo di dedurre una parte dal salario del dipendente (o di versarla per suo conto) e trasferire questi importi agli enti competenti.
Gli oneri contributivi sono:
In caso di mancato versamento di questi contributi, è possibile essere sanzionati dalle autorità competenti o dalle commissioni paritetiche che gestiscono i GAV. L’inadempimento può anche compromettere la regolarità delle operazioni in Svizzera, specialmente se l’ispettorato del lavoro effettua verifiche o audit su progetti transfrontalieri.
Link utili e suggerimenti:
E’ opportuno includere questi contributi già in fase di definizione del budget e nella predisposizione dei preventivi per lavori da svolgere in Svizzera. Oltre ai costi del personale (salari svizzeri, straordinari, indennità, ecc.), vanno considerati anche i contributi alle spese di esecuzione e quelli formativi. Si raccomanda inoltre di consultare il contratto collettivo (GAV) applicabile, poiché ogni settore adotta regole specifiche in materia di contributi, con importi e periodicità differenti.
I prestatori di servizi indipendenti (artigiani, lavoratori autonomi) con sede in Italia che operano in Svizzera, pur non essendo considerati lavoratori dipendenti, sono comunque soggetti a obblighi formali importanti: devono inoltrare la notifica tramite la procedura prevista e presentare il modulo A1 per attestare la loro contribuzione previdenziale nel paese di origine. Tuttavia, le autorità svizzere possono verificare che la loro effettiva indipendenza sia reale: se, durante un’ispezione, non riescono a dimostrare una reale autonomia imprenditoriale (ad esempio tramite un preventivo al committente, fatturazione diretta, organizzazione d’impresa, possesso di beni strumentali, rischio d’impresa), rischiano di essere classificati come “falsi indipendenti” o “pseudo-indipendenti”, con conseguenti sanzioni. Per dimostrare la loro autonomia, tali prestatori devono potenzialmente fornire documentazione come il contratto con il committente (o una conferma scritta qualora non ci sia un contratto formale), copia dell’A1 e copia della notifica o dell’autorizzazione, secondo quanto richiesto dal SECO. L’analisi dell’indipendenza imprenditoriale avviene anche in contesti di subappalto: le autorità svizzere, infatti, sono molto rigorose e valutano se l’attività dichiarata come indipendente sia davvero esercitata con tutti gli elementi tipici di un’impresa (autonomia organizzativa, assunzione di rischio, attrezzature proprie, più clienti), in modo da evitare abusi del regime di “libera circolazione” per prestatori pseudo-autonomi.
Link utili e suggerimenti:
Quando si trasportano in Svizzera utensili da lavoro “leggeri” (minuteria, trapani, cacciaviti, attrezzatura portatile da cantiere, ecc.) per uso temporaneo, è possibile usufruire di una procedura semplificata: queste attrezzature possono entrare in territorio elvetico senza formalità doganali complesse e, nella maggior parte dei casi, in esenzione da dazi, a patto di presentare una lista dettagliata degli strumenti al seguito. Tale elenco dettagliato è fondamentale: deve descrivere gli utensili che vengono temporaneamente importati e deve poter essere esibito alle autorità doganali al momento dell’ingresso e, se richiesto, al momento di re-esportazione, per dimostrare che gli strumenti non sono stati venduti o lasciati in Svizzera.
Per materiali più pesanti, ingombranti o “diversi” (ad esempio attrezzature non portatili, macchinari, strumenti speciali), non è sufficiente la lista semplificata: in questo caso si raccomanda di utilizzare la procedura di importazione temporanea, che può avvenire tramite un Carnet ATA, rilasciato dalla Camera di Commercio competente. Il Carnet ATA è uno strumento doganale riconosciuto a livello internazionale (ai sensi della Convenzione di Istanbul) che consente di importare temporaneamente beni professionali in Svizzera esenti da dazi, purché gli stessi siano re-esportati entro il termine di validità del carnet (fino a 1 anno). La procedura di importazione temporanea con Carnet ATA o tramite la dichiarazione doganale svizzera ZAVV richiede che l’identità delle merci sia garantita (ad esempio tramite numeri di serie o descrizioni dettagliate) e che le stesse siano re-esportate nello stato originario.
Infine, è importante sottolineare che le regole doganali e fiscali svizzere sono aggiornate: ad esempio, la procedura di ammissione temporanea è disciplinata dalla Direttiva 10 60 delle dogane svizzere, che dettaglia le condizioni, i documenti accettabili (ZAVV, Carnet ATA) e le modalità di deposito
Link utili e suggerimenti:
Quando un’azienda o un prestatore di servizi entra in Svizzera per eseguire prestazioni lavorative, è fortemente raccomandato avere con sé una serie di documenti essenziali per garantire la compliance e fronteggiare eventuali controlli da parte delle autorità svizzere. Tra questi è importante portare:
Nel caso in cui tali documenti non fossero disponibili o non potessero essere esibiti su richiesta formale delle autorità competenti, l’azienda o il prestatore potrebbe andare incontro a sanzioni anche gravi, che possono arrivare fino a 5.000 franchi svizzeri e, in casi estremi, al divieto di continuare i lavori per non conformità.
ASPETTI FISCALI
Dal 1° gennaio 2018, tutte le imprese straniere (non solo italiane) che forniscono beni o servizi in Svizzera e realizzano un fatturato mondiale complessivo di almeno 100.000 CHF all’anno, anche se la parte svizzera del volume d’affari è minima, sono obbligate a registrarsi ai fini dell’IVA svizzera. Questo significa che tali aziende devono ottenere un numero IVA svizzero (MWST/TVA/IVA) e assolvere gli obblighi di dichiarazione e versamento dell’imposta.
Le imprese estere che non hanno una sede in Svizzera sono tenute a nominare un rappresentante fiscale residente in Svizzera, che funge da interlocutore per l’Amministrazione federale delle contribuzioni (FTA). Dal 29 aprile 2025, l’Amministrazione federale delle contribuzioni (ESTV) ha modificato la prassi sulle garanzie (depositi cauzionali): di norma non richiede più una garanzia preventiva per le aziende estere, salvo nei casi in cui l’impresa non rispetti gli obblighi procedurali. In altri termini, il requisito del deposito minimo di CHF 2.000 (o più) non è più automatico come nei modelli più vecchi.
Per quanto riguarda l’aliquota IVA, secondo il sito ufficiale dell’ESTV, dal 1° gennaio 2024 l’aliquota standard è del 8,1%, mentre quelle ridotte sono 2,6% e 3,8%. Le liquidazioni IVA per queste imprese sono in genere trimestrali, con obbligo di versamento da parte del contribuente e diritto a rimborsi, quando dovuti. In alcuni casi (se il volume d’affari IVA è entro determinati limiti) possono optare per la presentazione annuale.
Infine, è importante considerare il luogo di prestazione: anche se un bene viene “esportato” dall’Italia verso la Svizzera, se quel bene deve essere montato o collaudato in Svizzera (e solo dopo il collaudo l’utilizzatore ne acquisisce il pieno potere d’uso), l’operazione può essere considerata una prestazione di servizio in territorio svizzero ai fini dell’IVA, rendendo l’azienda soggetta all’IVA locale.
Come si ottiene la Partita Iva
Per registrarsi all’IVA in Svizzera come azienda estera, è necessario seguire un processo formalizzato con l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC, FTA in inglese). In primo luogo, l’impresa deve verificare se è soggetta all’IVA in Svizzera: il presupposto è che realizzi un fatturato mondiale di almeno CHF 100.000 da prestazioni imponibili (anche se la parte realizzata in Svizzera è ridotta).
A questo punto, l’impresa estera deve nominare un rappresentante fiscale (tax / fiscal representative) con domicilio o sede in Svizzera: è un requisito obbligatorio per completare la registrazione IVA. Il rappresentante può essere una persona fisica o giuridica, non necessariamente uno studio fiduciario o un avvocato. Per formalizzare questa nomina, si utilizza il modulo MWST-0620, in cui l’impresa conferisce procura al rappresentante e dichiara che questi sarà il suo domicilio fiscale (IVA) in Svizzera.
Dopo aver nominato il rappresentante, l’impresa estera deve compilare il modulo di registrazione all’IVA presso l’AFC: è possibile fare la richiesta online tramite il portale dell’Amministrazione federale. Nel modulo di registrazione vanno indicati dati societari (estratto del registro imprese, bilancio o previsione di fatturato, ecc.) e i dati del rappresentante fiscale.
Fino a poco tempo fa, era previsto che l’impresa versasse una garanzia bancaria o deposito cauzionale per l’IVA, calcolato in base al volume d’affari stimato. Tuttavia, secondo le regole più recenti, di norma l’AFC non richiede più garanzie preventive per le imprese estere, salvo in caso di inadempimenti procedurali.
Una volta completati questi passaggi e approvata la domanda, l’AFC rilascia un numero IVA svizzero che ha il formato “CHE XXX.XXX.XXX MWST” (o TVA / IVA in francese / italiano). Da quel momento, l’impresa può emettere fatture con IVA svizzera e deve adempiere agli obblighi di rendicontazione (liquidazioni IVA, dichiarazioni, ecc.).
Link utili e suggerimenti:
I prestatori indipendenti (artigiani, lavoratori autonomi) e le imprese con dipendenti che operano in Svizzera devono rispettare, oltre agli adempimenti generali, anche normative specifiche per il settore di riferimento molto stringenti. Ad esempio, per l’esecuzione di impianti elettrici, è obbligatorio ottenere un’autorizzazione dall’Ispettorato federale degli impianti a corrente forte (ESTI). L’ESTI rilascia diversi tipi di permessi, autorizzazioni generali d’installazione, di controllo o installazioni limitate, secondo la natura e l’entità del lavoro, e mantiene un elenco pubblico delle autorizzazioni effettive.
Il settore edile
Nel settore dell’edilizia, è fondamentale considerare la LEPICOSC, la legge del Cantone Ticino (“Legge sull’esercizio della professione di impresario costruttore e di operatore specialista nel settore principale della costruzione”) che disciplina la necessità di iscrizione all’albo cantonale. Secondo la LEPICOSC, le imprese che intendono eseguire lavori il cui costo preventivato supera 30’000 CHF devono iscriversi all’albo delle imprese costruttrici, mentre gli operatori specialisti (ferraioli, cestai, muratori in pietra, posa sottofondi, ecc.) devono iscriversi se il lavoro previsto supera i 10’000 CHF.
L’iscrizione presuppone il possesso di precisi requisiti professionali (diplomi tecnici, esperienza) e anche requisiti personali, come l’assenza di condanne penali. Le imprese estere interessate a operare in Ticino, pur non avendo sede cantonale, devono documentare l’iscrizione a un registro professionale nel loro Paese d’origine con requisiti equivalenti a quelli richiesti dalla LEPICOSC.
Infine, l’Albo LEPICOSC, gestito dalla Commissione di vigilanza, aggiorna i suoi elenchi periodicamente, e l’accesso al registro è pubblico, permettendo ai committenti di verificare quali imprese dispongono della qualifica necessaria per svolgere i lavori previsti.
Link utili e modalità:
RICHIESTA INFORMAZIONI E ASSISTENZA
Barbara Silvestrini - Tel. 031 316.248

Confartigianato Imprese Como
Viale Roosevelt, 15
22100 Como (CO) - Italy
C.F. 80014380135
+39 031-3161
info@confartigianatocomo.it
PEC: confartigianatocomo@legalmail.it
D. Lgs 231/01 Codice Etico
Copyright @ 2024 Confartigianato Imprese Como | Policy - Privacy