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CRISI ACCIAIO, NELLA FILIERA 239 MILA ARTIGIANI
Al top Emilia Romagna, Veneto e Lombardia

La crisi dell’ex Ilva ha gravi ripercussioni sulle piccole imprese che operano nell’indotto dell’acciaieria di Taranto, come ha evidenziato ieri una nota di Confartigianato. Inoltre la prospettiva di una riduzione della produzione coinvolge, sul lato della domanda, una ampia filiera di piccole imprese acquirenti. A settembre 2019 l’export annualizzato della siderurgia primaria - che utilizza minerali di ferro come materia prima ottenendo prodotti della siderurgia, tubi, condotti, profilati cavi e relativi accessori in acciaio non colato e prodotti della prima trasformazione dell`acciaio - vale 18.777 milioni di euro, di cui solo l’1,9% dalla provincia di Taranto: la domanda dei prodotti dell’ex Ilva è prevalentemente nazionale.

L’analisi delle matrici input-output fornite dall’Istat consente di esaminare l’utilizzo dei prodotti della Metallurgia vengono, per il 33%, utilizzati nello stesso settore, il 19,5% viene utilizzato dalle imprese dei Prodotti in metallo e il 10,8% da quelle dei Macchinari ed apparecchiature. In questi tre settori operano complessivamente 96.335 unità locali con meno di 50 addetti, che contano 615.991 addetti, pari ad oltre la metà (56,1%) degli addetti delle unità locali dei tre settori. Nelle 52 mila imprese artigiane operano 239 mila addetti.

Il peso delle micro e piccole imprese (MPI) della filiera dei metalli è pari al 3,6% del totale degli addetti dell’economia non agricola. In chiave territoriale si osservano i valori più alti in Emilia-Romagna (5,7%), Veneto (5,3%), Lombardia (5,2%), Piemonte (4,7%), Friuli-Venezia Giulia (4,3%) e Marche (4,2%). Le province più esposte, che mostrano una quota più che doppia rispetto alla media sono Lecco (11,8%), Brescia (9,8%), Vicenza (8,4%) e Novara e Reggio Emilia (entrambe con il 7,9%).

Una riduzione dell’offerta si scaricherebbe su un maggiore domanda di importazioni che porterebbe in negativo il saldo commerciale: a settembre 2019 l’import degli ultimi dodici mesi ammonta a 18.819 milioni di euro, con un saldo export-import in sostanziale equilibrio (-41 milioni). Dai primi dieci paesi importatori acquistiamo i due terzi (66,8%) dei prodotti siderurgici. Dalla Germania acquistiamo il 13,5% dell’import totale, dalla Francia il 9,5%, dall’Ucraina e dalla Federazione Russa il 7,2%, dalla Cina il 6,7%, dalla Turchia il 5,5%, dalla Spagna il 4,9% dall’India il 4,2%, dalla Corea del Sud il 4,1% e dall’Austria il 4,0%; da paesi Ue si rileva il 52,5% dell’import totale a fronte del 48,7% dai paesi extra UE.

In presenza di una riduzione di offerta i prezzi di acquisto potrebbero subire tensioni, a fronte dell’attuale stazionarietà: nei primi nove mesi del 2019 i prezzi all’importazione per Metallurgia e Metalli ristagnano (-0,7%), dopo un aumento dell’1,2% nel 2018 e del 7,4% nel 2017. Le ultime previsioni di ottobre del Fondo Monetario Internazionale indicano per il 2019 un aumento del 33,9% delle quotazioni internazionali dei minerali di ferro importati dalla Cina, seguito con un ritracciamento nel 2020 (-18,6%) conseguente al rallentamento della domanda globale.

Un aumento dei prezzi di acquisto delle materie prime risulterebbe poco sostenibile dalle imprese nel settore dei macchinari, nel quale i prezzi alla produzione sono in salita dell’1,3%, a fronte della deflazione (-0,1%) nel manifatturiero.

Un incremento dei costi, inoltre, aggraverebbe le condizioni del ciclo negativo in cui stanno operando le imprese dei prodotti in metallo e dei macchinari che registrano un ristagno della domanda estera (-0,1% nei primi otto mesi del 2019) e un forte calo della produzione: nei primi nove mesi del 2019 l’indice della produzione è in discesa del 3,7% nei prodotti in metallo e del 2,3%% nei macchinari, cali più accentuati del -1,4% della media del manifatturiero.


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