GESTIONE RIFIUTI IN CANTIERE, FAQ
Prosegue la rassegna delle principali FAQ messe a disposizione dal nostro Sistema Nazionale.
QUESITO su MUD TRASPORTO URBANI PER ATTIVITA’ ARTIGIANALI:
Nell’allegato L-Quinquies sono elencate le attività autorizzate da art 183 D. Lgs. 152/2006 a produrre rifiuti urbani (comma 1 lettera b-ter punto 2)
Tra le attività, la numero 20 è “ATTIVITA` ARTIGIANALI DI PRODUZIONE BENI SPECIFICI”.
Per "attività artigianale" si intende iscritta all`albo delle imprese artigiane? (esempio: un`azienda che è iscritta all`albo delle imprese industriali NON ricade nella normativa?)
Risposta
È stato chiesto di delineare la natura delle attività artigianali rientranti nel punto 20 dell’Allegato L-quinquies alla Parte IV del D.lgs. 152/2006, rubricato “ATTIVITA’ ARTIGIANALI DI PRODUZIONE BENI SPECIFICI” ai fini della compilazione del MUD.
Analisi normativa
L’art. 183 del D.lgs. 152/2006, al comma 1, lett. b-ter) offre la definizione di “rifiuti urbani” e vi include, al punto 2, i rifiuti provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici, ossia i rifiuti indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies di cui al D.lgs. 152/2006.
L’Allegato L-quinquies, dunque, contiene l’elenco delle attività che producono rifiuti urbani, nel quale, al numero 20, vi rientrano le “Attività artigianali di produzione di beni specifici”.
Occorre, dunque, perimetrare la nozione di “attività” artigianale così come prevista dall’allegato L-quinquies del D.lgs. 152/2006.
La normativa ambientale non contiene una definizione di “attività artigianale”. È possibile, tuttavia, tentare di circoscrivere la definizione attingendo da altri settori dell’Ordinamento, almeno per i profili estensibili oltre l’originario ambito applicativo.
In primo luogo, ai fini della ricostruzione della definizione, è doveroso fare rinvio alle disposizioni della Legge n. 443/1985 (Legge quadro per l’artigianato).
Tale testo normativo stabilisce i requisiti affinché un’“impresa” possa essere definita come artigiana, prevedendo che è artigiana l’impresa che, esercitata dall’imprenditore artigiano nei limiti dimensionali previsti, abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attività di produzione di beni o di prestazioni di servizi. La normativa esclude espressamente dalla definizione di impresa artigiana le attività elencate all’art. 32.
La definizione contenuta nella Legge del 1985 individua dei criteri definitori di natura sia soggettiva sia dimensionale sia legati alla tipologia di attività svolta.
Ai sensi dell’art. 5, in presenza dei requisiti previsti dalla Legge n. 443/1985 l’impresa ha un obbligo di iscrizione all’Albo delle Imprese Artigiane, tenuto presso la CCIAA.
L’iscrizione accerta e riconosce la sussistenza dei requisiti di qualifica, sia di natura soggettiva attinenti all’imprenditore artigiano, sia di carattere oggettivo inerenti all’organizzazione del processo produttivo o di lavorazione nell’impresa artigiana.
Dunque, l’iscrizione all’Albo ha una funzione costitutiva ed è presupposto per ottenere la qualifica di “impresa artigiana”.
Tale iscrizione è condizione per ottenere agevolazioni previdenziali, assistenziali e creditizie.
Il testo normativo non contiene, invece, la definizione di “attività” artigianale. Tuttavia, sembrerebbe possibile ricavarla indirettamente dalla definizione di impresa artigiana. Considerato che l’impresa artigiana consiste nella persona giuridica che – iscritta all’Albo – pone in essere un’attività di produzione di beni o di prestazioni di servizi, di conseguenza, l’attività artigiana consisterebbe nell’attività di produzione di beni o di prestazioni di servizi.
Non può negarsi che l’impresa iscritta all’Albo – e dunque in possesso di tutti i requisiti previsti dalla Legge – ponga in essere un’attività artigianale, anche in virtù della funzione costitutiva dell’iscrizione. Diversamente, però, non si rinvengono elementi sufficienti per affermare che un’impresa che non abbia tutti i requisiti richiesti dalla legge quadro – in presenza dei quali sorge l’obbligo di iscrizione – non possa in ogni caso porre in essere attività qualificabili come artigianali.
L’allegato L-quinquies del D.lgs. 152/2006 non sembra costituire un ostacolo a tale ricostruzione. Difatti, se, da un lato, la Legge quadro per l’artigianato pone rigorosi criteri soggettivo/dimensionali affinché un’impresa possa essere qualificata come artigiana, dall’altro, l’allegato del TUA costituisce indica e descrive un elenco di attività che producono rifiuti “simili” per natura e composizione ai rifiuti domestici da un punto di vista prettamente sostanziale.
Dunque, un’impresa carente dei requisiti soggettivo/dimensionali ai sensi della Legge 443/1985, potrà comunque porre in essere un’attività artigianale ai sensi dell’allegato L-quinquies ove quest’ultima possa essere ricondotta a una delle definizioni dell’elenco.
La natura dell’elencazione contenuta all’allegato L-quinquies, d’altronde, appare chiaramente rivolta alla tipologia di attività e non alla tipologia di soggetti che svolgono tali attività, peraltro contemplando fattispecie che diversamente non troverebbero comunque una precisa corrispondenza normativa puntuale (ad es. Hamburgherie, night club, etc.).
A conferma di quanto sopra esposto, si ricorda la clausola avente una funzione residuale, dell’allegato L-quinquies, ove prevede che anche le attività «non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe».
Pertanto, sembra potersi riconoscere all’allegato una funzione indiziante svincolata dagli aspetti prettamente soggettivi e unicamente incentrata sulla descrizione oggettiva delle attività che possono essere qualificate come artigianali e, dunque, generare rifiuti urbani.
Oltre a ciò, vi sono diversi indici che possono essere tenuti in considerazione ai fini della definizione di attività artigianale, e in particolare, appare utile segnalare la “Guida alla gestione amministrativa dei rifiuti promossa dalla Camera di Commercio di Torino e realizzata da Ecocerved (ultima edizione disponibile, aprile 2018), la quale, seppur priva di vincolatività, può costituire un valido ausilio interpretativo.
Tale Guida, nell’individuare i soggetti tenuti alla compilazione del registro carico e scarico ai sensi dell’art. 189 comma 3 e dell’art. 184 comma 3 lett. d) e del D.lgs. 152/2006 (nella formulazione pro tempore vigente), indica le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da «lavorazioni artigianali».
Il documento fornisce la definizione di “lavorazione artigianale”, per la quale «s’intende qualsiasi attività di produzione di beni, anche condotta all`interno di un`unità locale avente carattere prevalentemente commerciale o di servizio, purché tale lavorazione sia identificabile in modo autonomo e non finalizzata allo svolgimento dell’attività commerciale o di servizio».
Dunque, la Guida si limita a descrivere la “lavorazione” per i fini di cui sopra (i.e. soggetti tenuti alla compilazione del registro) e non fornisce alcuna definizione di “impresa” o di “attività” artigianale, pertanto, non contempla l’iscrizione all’Albo delle imprese artigiane quale elemento caratterizzante il relativo svolgimento.
Risposta al quesito
Alla luce di quanto esposto, si ravvisano le seguenti conclusioni. L’allegato L-quinquies del TUA non annovera tra i soggetti che possono produrre rifiuti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici le “imprese artigiane” bensì richiede che i rifiuti, affinché possano essere qualificati come urbani, derivino da “attività artigianali di produzione beni specifici”.
Considerato che la normativa ambientale non contiene una definizione di “attività artigianale” non pare possibile desumere un confine certo di tale attività dal solo quadro normativo di settore.
Come esposto sinora, la Legge n. 443/1985 prevede che in presenza dei requisiti strutturali e sostanziali per l’“impresa” artigiana sorge l’obbligo di iscrizione all’Albo delle imprese artigiane, la quale attribuisce ex se la qualifica di artigiana all’impresa. Conseguentemente l’efficacia costitutiva dell’iscrizione comporta che l’attività posta in essere dall’impresa iscritta venga qualificata come artigianale.
Tuttavia, l’iscrizione all’Albo dell’impresa è solo uno dei possibili indici per la qualifica di attività artigiana. Ciò trova conferma anche nella giurisprudenza nazionale (ancorché resa in un differente ambito, ai fini previdenziali) laddove precisa che l’impresa «ha l’onere di provare la sussistenza degli elementi richiesti per tale inquadramento, senza poter limitarsi ad invocare l`iscrizione nell’albo delle imprese artigiane che ha valore meramente indiziario e che, anche quando acquisisce valore costitutivo per effetto della L. n. 443 del 1985, art. 5 può essere contestata a fini specifici».
Considerato che la ratio dell’elenco contenuto all’allegato L-quinquies della Parte Quarta del TUA va ricercata nell’indicazione delle attività che producono rifiuti “simili” per natura e composizione ai rifiuti domestici, pare ragionevole - in assenza di definizioni o chiarimenti interpretativi rinvenibili nella normativa di settore – ritenere che ai fini della normativa ambientale la configurabilità di un’attività come “artigianale” non presupponga l’iscrizione all’Albo delle imprese artigiane, la quale può costituire un indizio sulla natura dell’attività posta in essere, ma non costituisce, nel contesto normativo ambientale, l’unico criterio per attribuire la qualifica di attività artigianale.