È una legge di bilancio “lampo” quella che si è trovata, come una patata bollente, tra le mani il nuovo esecutivo. Poco il tempo, tanti gli impegni presi in campagna elettorale, ma la coperta è sempre corta. È da che ho memoria che la coperta è sempre corta, ma questa è un’altra storia.
Una misura, però, tra le tante messe in pentola dal Governo – in attesa di un iter parlamentare che preannuncia una pioggia emendamenti da allerta meteo – mi ha molto colpito. Credo possa interessare anche alla grande massa di piccoli e medi imprenditori e lavoratori autonomi che compongono il tessuto sociale ed economico del nostro paese.
C’è già chi si indigna e c’è già chi esulta. Ormai anche la politica economica e le scienze delle finanze sono diventate materie da ultrà; ma, la questione non è quasi mai semplice e lineare come appare e la polarizzazione degli schieramenti per partito preso avvelena quasi sempre il dibattito.
Svelando l’arcano, mi riferisco alla “Flat tax incrementale”.
La querelle tra imposte progressive e imposte proporzionali è vecchia almeno quanto il dibattito sul concetto, sullo scopo e sul ruolo dello Stato e del proprio rapporto con i suoi rappresentati: i cittadini.
Non avendo così tanta autorevolezza sul tema mi farò accompagnare in questo cammino da un noto economista italiano, Tullio Martello, che prese anche parte alla spedizione garibaldina dei Mille, e, i corsivi che seguono sono tratti da un volume del 1895 dal titolo “L’imposta progressiva, in teoria ed in pratica”:
Sulla soglia della dottrina finanziaria due questioni si presentano: quella della causa e quella della misura dell’imposta. Sull’una e sull’altra gravi discordie dividono gli scrittori. Per gli uni l’imposta è una controprestazione, oppure un premio d’assicurazione, per gli altri è un dovere, per i riformisti è un mezzo per raggiungere uno scopo politico-sociale. […] L’imposta suppone una economia “coercitiva”, perché le funzioni pubbliche non possono dipendere dal beneplacito dei singoli; d’altra parte, […] la determinazione del suo “quanto” non può avvenire che in modo unilaterale, da parte dello Stato, che distribuisce su tutti il costo complessivo delle pubbliche funzioni. Ma con quale criterio? E qui nuove divergenze, perché alcuni vorrebbero assumere quello della capacità contributiva, altri quello politico-sociale, altri, infine, il criterio economico-privato dell’utilità che a ciascuno deriva dall’esercizio delle funzioni dello Stato. Per questi ultimi, è la “proporzione” ciò che fa dell’imposta l’equivalente dei vantaggi ricevuti; per gli altri, è la “progressione” che permette di attuare la norma del pagamento secondo la capacità contributiva o di raggiungere gli scopi politico-sociali.
Si può sintetizzare che l’imposta progressiva sta al motto “da ciascuno secondo i suoi mezzi, a ciascuno secondo i suoi bisogni” come l’imposta proporzionale sta al motto “la pressione tributaria è già di per sé diseguale”.
La Costituzione del nostro paese – figlia del suo tempo – sancisce che: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Ma in realtà il nostro sistema fiscale è già pieno di imposte più o meno proporzionali (al netto dell’IVA regina indiscussa tra le imposte proporzionali): IMU, Cedolare secca sugli affitti, Imposta sostitutiva sui dividendi, Imposta sostitutiva per i contribuenti in regime forfetario…
Sarà compito della politica, con lungimiranza, affrontare l’incrocio delle mille variabili: minor gettito fiscale, bassa natalità, allungamento dell’aspettativa di vita, divario nord-sud, disoccupazione femminile, inflazione crescente e riduzione del debito pubblico.
Dire se le misure proporzionali possano agevolare od ostacolare tale compito non è onere di chi scrive, né chi scrive vuole entrare nel merito della bontà o meno della “Flat tax incrementale” o esprimere giudizi politici.
Veniamo piuttosto al funzionamento di questo innovativo strumento.
Per le persone fisiche esercenti attività di impresa e lavoro autonomo – che non applicano il regime forfetario – è previsto un regime agevolato opzionale in base al quale una quota di reddito dell’anno 2023 incrementale rispetto al triennio precedente è tassata con un’imposta sostitutiva pari al 15%, anziché ordinariamente con l’IRPEF.
Si tratta in sostanza di una “flat tax” applicabile sulla sola quota di reddito d’impresa e lavoro autonomo dichiarato nel 2023 che eccede il reddito di riferimento, costituito dal reddito più elevato dichiarato nel triennio 2020-2022. La “flat tax” si applicherà su tale differenza al netto di una franchigia del 5% del reddito più elevato del triennio 2020-2022. Il limite massimo da assoggettare all’aliquota del 15% è fissata in 40.000 euro, pertanto maggiori importi saranno ragguagliati a tale limite.
Tutto chiaro, no?
Facciamo un esempio…
Si ipotizzi la seguente situazione:
ANNO | REDDITO |
2023 | 90.000 euro |
2022 | 65.000 euro |
2021 | 80.000 euro |
2020 | 50.000 euro |
La base imponibile della Flat tax incrementale è così calcolata:
Reddito 2023 90.000 euro
Reddito 2021 80.000 euro (maggior reddito nel triennio 2020-2022)
Differenza 10.000 euro
Franchigia 5% del reddito 2021 4.000 euro (80.000 euro X 5%)
Differenza netta 6.000 euro
Imposta sostitutiva 15% 900 euro (6.000 euro X 15%)
Quantifichiamo il risparmio fiscale per il contribuente (al netto di addizionali regionali e comunali):
- Con tassazione progressiva IRPEF l’ammontare delle imposte è pari a 31.600 euro.
- Con tassazione progressiva IRPEF e Flat tax incrementale l’ammontare delle imposte è pari a 29.920 euro.
Facciamo un altro esempio…
Si ipotizzi la seguente situazione:
ANNO | REDDITO |
2023 | 90.000 euro |
2022 | 50.000 euro |
2021 | 40.000 euro |
2020 | 30.000 euro |
La base imponibile della Flat tax incrementale è così calcolata:
Reddito 2023 90.000 euro
Reddito 2022 50.000 euro (maggior reddito nel triennio 2020-2022)
Differenza 40.000 euro
Franchigia 5% del reddito 2022 2.500 euro (50.000 euro X 5%)
Differenza netta 37.500 euro
Imposta sostitutiva 15% 5.625 euro (37.500 euro X 15%)
Quantifichiamo il risparmio fiscale per il contribuente (al netto di addizionali regionali e comunali):
- Con tassazione progressiva IRPEF l’ammontare delle imposte è (sempre) pari a 31.600 euro.
- Con tassazione progressiva IRPEF e Flat tax incrementale l’ammontare delle imposte (questa volta) è pari a 21.100 euro.
La lezione che si trae dai due esempi è che, da un lato vengono premiati i redditi più alti rispetto a quelli più bassi (lapalissiano per la maggior incidenza sul carico fiscale delle aliquote IRPEF più alte…) e dall’altro vengono avvantaggiate le attività con un maggior differenziale di reddito.
Questo lo strumento.
A voi tirare le somme.
Bel risparmio? Si poteva fare di più magari eliminando o modificando la franchigia del 5% o il massimale di 40.000 euro? Delusione perché già forfetari o soci di società e quindi esclusi dall’opzione? Questo sarà il risparmio fiscale che verrà contrabbandato con il futuro (che ci riguarda) di chi pagherà il nostro conto?
Filosoficamente parlando, ma con un certo pragmatismo tanto aveva ragione Benjamin Franklin: “Due cose sono certe nella vita: la morte e le tasse”.
A cura di Luigi Russo