E’ un’emergenza che riguarda circa un’impresa su tre del territorio comasco. Questo il dato che salta subito all’occhio, scaturito dall’indagine realizzata da Confartigianato Imprese Como, in merito al pericolo di “fuga dei lavoratori” italiani in Svizzera.
La causa è ormai nota: la superiore remunerazione dei salari porta a una maggiore attrattività del mercato del lavoro elvetico. Meno note sono, tuttavia, le dimensioni e le conseguenze del fenomeno: le attività economiche al di qua del confine non riescono a trovare il personale, registrando grandi difficoltà di sviluppo per l’assenza di manodopera qualificata. Un problema trasversale che, nella provincia di Como, si rivela coinvolgere quasi tutti i settori.
Il proposito di Confartigianato Imprese Como, di voler analizzare meglio le implicazioni di questo fenomeno, è nato da un incontro con Mauro Guerra, sindaco del Comune di Tremezzina e Presidente Regionale ANCI. Nonostante la stagione turistica soddisfacente, il primo cittadino ha denunciato come molte imprese della zona non riescano a trovare personale specializzato incontrando gravi difficoltà nell’accedere a commesse importanti per l’azienda. Da qui è sorta allora l’idea di coinvolgere direttamente gli imprenditori, intervistandoli e raccogliendo opinioni utili per poter poi avanzare soluzioni a questo fenomeno. Non solo: l’indagine è stata allargata per restituire una fotografia il più ampia e profonda possibile delle esigenze delle aziende, anche in termini di profili professionali ricercati e di formazione di personale qualificato.
Dalle informazioni ottenute da un campione di circa un centinaio di imprese che hanno risposto all’indagine di Confartigianato, emerge come a varcare il confine, siano soprattutto gli operai specializzati, richiestissimi in Svizzera per via del loro alto livello di competenze: la maggior parte di essi rientrano nel campo dell’edilizia e dell’impiantistica, ma non è facile trovare neanche figure di attività legate ai servizi e ai pubblici esercizi.
Un problema grave, soprattutto se si considera l’importanza che il singolo lavoratore ricopre in imprese di ridotte dimensioni: il 45% delle società interessate non supera i 3 dipendenti, e solo il 13% ne ha più di 10. Non riuscire a rimpiazzare un operaio specializzato può spesso mettere a repentaglio lo stesso proseguimento dell’attività economica.
Dall’indagine è emerso con chiarezza come il nodo più problematico sia l’alto costo del lavoro per le imprese italiane. Non a caso, oltre la metà delle 48 imprese che hanno suggerito possibili interventi normativi per risolvere il problema, ha identificato la prima soluzione nella riduzione del costo del lavoro e del cuneo fiscale. Non manca infatti la disponibilità ad assumere: quasi due terzi delle imprese intervistate hanno intenzione di assumere personale dipendente nel corso del 2021-2022, e di queste il 59% ha dichiarato di voler assumere lavoratori con contratti a tempo indeterminato.
Il fabbisogno di personale è infatti consistente: il 55% degli imprenditori ricerca tecnici specializzati nell’impiantistica (elettricisti, installatori, manutentori, termoidraulici) e operai qualificati della manifattura (tornitori, fresatori, operai meccanici, addetti al controllo numerico). Il 14% richiede invece figure dell’edilizia, come i muratori specializzati. Vi è poi bisogno anche di autisti (10%), carrozzieri (7%), pasticceri (7%) e infine di falegnami (7%). Il problema resta però la tassazione ingente, che limita la possibilità di aumentare la remunerazione dei lavoratori per competere con i salari svizzeri.
A complicare ulteriormente la situazione ci sono poi le falle nella formazione: quasi il 68% delle imprese intervistate ritiene che il sistema scolastico del territorio sia inadeguato a formare le figure professionali di cui c’è bisogno. Per questo quasi la metà delle aziende insoddisfatte si è detta disponibile a valutare l’inserimento di persone adulte, formate attraverso percorsi tecnici di riqualificazione professionale. Un segnale dell’urgenza del problema della carenza di manodopera, che sommato alla fuga dei lavoratori in Svizzera rischia seriamente di paralizzare le attività economiche in molti comuni del territorio.
A cura di Roberto Bonardi
e di Filippo Gerbino