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I FRENI ALLA RIPRESA: AUMENTO DEI PREZZI DELLE MATERIE PRIME, RALLENTAMENTO DELLA DOMANDA INTERNAZIONALE E INNALZAMENTO DEI PREZZI DELLE COMMODITIES ENERGETICHE

Un nuovo ostacolo da superare per le imprese. La ripresa delle attività economiche è in accelerazione negli ultimi mesi per recuperare il terreno perso. Questo è quanto emerge dalla variazione tendenziale del +6,1% del PIL sullo scorso anno nel terzo trimestre 2021, si trova a fare i conti con nuove difficoltà, potenzialmente in grado di frenarne lo slancio.

La prima è rappresentata dall’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime, cresciuti a dismisura negli ultimi mesi. Rame, ferro e acciaio hanno subito rincari a doppie cifre percentuali, così come legname, lana, seta e altri materiali indispensabili per le produzioni manifatturiere, sempre più costosi da acquistare. Per non parlare poi del mercato delle componenti elettroniche e dei semiconduttori, essenziali per la produzione delle tecnologie richieste dalla trasformazione digitale in atto. Ma il caro prezzi, +30,8% a settembre, è diretta conseguenza della carenza delle materie prime sui mercati internazionali, problematica che si aggiunge ed esaspera il problema dell’inflazione: le imprese si ritrovano a dover pagare di più materiali sempre meno facili da trovare, con inevitabili ritardi nell’evadere le richieste dei clienti, a causa dei lunghi tempi di attesa per l’arrivo dei componenti.

Molteplici sono i fattori della “tempesta perfetta” che rischia di mettere a dura prova la sostenibilità delle attività economiche anche sul territorio comasco. Da un lato c’è il boom della domanda di beni, mutata per le diverse abitudini dei consumatori durante la pandemia e ulteriormente gonfiata dagli stimoli monetari messi a disposizione dai governi per sostenere la ripresa. Molte imprese avevano già iniziato a fare scorte di materiali duranti i primi mesi di chiusure, in vista della successiva riapertura. Le catene di rifornimento si sono così trovate a dover gestire uno stimolo imprevisto, senza riuscire a soddisfare tutte le richieste provenienti dalle filiere produttive. Dall’altro lato, i ritardi negli approvvigionamenti sono stati accentuati dalla crisi della logistica e dei trasporti, che hanno faticato a star dietro all’aumento degli ordini, complici anche circostanze sfavorevoli come le quarantene imposte in alcuni dei maggiori porti internazionali, la crisi della viabilità marittima causata dalla nave incagliata nel canale di Suez lo scorso marzo, nonché le restrizioni alla mobilità imposte dai diversi Paesi. Si sono in questo modo accumulati ritardi enormi, che hanno ulteriormente esasperato la situazione traducendosi in nuovi rincari nel trasferimento delle merci.

Molte imprese si trovano quindi a vivere il paradosso di ricevere numerose commesse, ma non avere i mezzi materiali per realizzarle: è il caso dell’edilizia, settore in cui gli incentivi statali hanno fatto esplodere la domanda di lavori e ristrutturazioni, le cui aziende però faticano a stare dietro per via della mancanza di materiali, con imprevedibili ricadute sui costi finali da sostenere. Pure il settore del legno e arredo, tra i primi a ripartire dopo i mesi più duri della pandemia, inizia a manifestare timidi segnali di rallentamento, con il numero delle esportazioni in lieve flessione nell’ultimo mese.

Ad aggiungersi alle criticità vi sono infatti le incertezze legate al perdurare della pandemia, che continua a porre freni alla mobilità, specie con i paesi asiatici, favorendo il rallentamento della domanda internazionale, segnata dalle ridotte occasioni di instaurare nuovi scambi commerciali. Grande apprensione viene in particolare dalla contrazione della domanda cinese, frutto dell’intenzione di Pechino di ridurre la propria dipendenza dalle forniture estere a fronte del difficile ripristino delle filiere internazionali e delle crescenti tensioni geopolitiche. Una serie di elementi a cascata, dunque, cui non da ultimo si aggiunge il crescente caro prezzi energetico: legati a loro volta al balzo dei consumi, così come a incidenti e interruzioni nelle forniture energetiche, i prezzi delle commodities hanno registrato picchi mai visti nell’ultimo anno, trainati anche da un inverno particolarmente rigido che ha fatto impennare i consumi energetici in molte aree del mondo.

La nuova bolletta del gas si rivela molto onerosa da sostenere tanto per le famiglie quanto per le attività produttive: una recente stima del centro studi di Confartigianato ha calcolato che nella provincia di Como il solo aumento delle commodities energetiche ha messo sotto pressione ben 272 piccole e medie imprese dei settori della metallurgia, del vetro ceramica, dei prodotti per l’edilizia, della carta e della chimica. A queste vanno poi aggiunte le imprese dei trasporti, che devono sostenere maggiori costi dei carburanti, oltre alle 10 mila PMI della manifattura e delle costruzioni, che danno lavoro a oltre 41 mila addetti, interessate anche dallo shock sui maggiori costi delle materie prime per un valore su base annua di 745 milioni di euro.

In conclusione, carenza delle materie prime, incremento generale dei loro prezzi, calo della domanda internazionale e impennata del costo dell’energia si dimostrano i fattori globali che più stanno frenando l’attività delle imprese del territorio. Gli sviluppi dei prossimi mesi saranno decisivi per non perdere il treno della ripartenza del Paese: la speranza è che si riescano a contenere eventuali nuove ondate pandemiche, appianando le difficoltà negli scambi internazionali, e che lentamente si possa assistere a un graduale riassorbimento dell’inflazione, sebbene al momento non accenni ad arrestarsi. Nel frattempo, è opportuno che Governo e Istituzioni europee facciano tutto il possibile per mitigare gli effetti del caro prezzi, così che le imprese possano tornare a inseguire una ripresa tanto attesa, quanto necessaria.


A cura di Filippo Gerbino