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LA PLASTIC TAX FA MALE ALLE IMPRESE E NON DIFENDE L`AMBIENTE
Il giudizio negativo di Confartgianato sul provvedimento previsto dalla Legge di bilancio

Una tassa pensata male e scritta peggio il cui effetto sarà soltanto quello di produrre gettito, con buona pace del nobile intento dichiarato di dare il nostro contributo per salvare il pianeta. E’ il giudizio di Confartigianato sulla cosiddetta plastic tax, la tassa sugli imballaggi di plastica inserita dal Governo nella Legge di bilancio. Nel mondo delle micro e piccole imprese ad essere colpiti saranno i produttori di imballaggi in materie plastiche: parliamo di 1.381 micro e piccole imprese (MPI) fino a 50 addetti pari al 91,3% del settore, con 12.150 addetti pari al 40,1% del settore, che generano un fatturato che per il 2018 si stima pari a 3,2 miliardi di euro, il 32,7% del comparto. Ma gli effetti negativi riguarderanno anche i cosiddetti primi immettitori sul mercato nazionale, cioè le imprese che acquistano materiali plastici da imballaggio direttamente all’estero (anche magari attraverso piattaforme di commercio elettronico, ipotesi molto frequente) e sono costrette quindi a sostenere l’onere della tassazione senza avere, peraltro, il tempo necessario per riorganizzare la produzione ed eventualmente rimpiazzare i materiali plastici impiegati.

Stiamo parlando dei settori che utilizzano imballaggi in plastica con singolo impiego (MACSI) per il contenimento, la protezione, la manipolazione o la consegna di prodotti alimentari, quali ad esempio bottiglie, buste e vaschette per alimenti in polietilene, contenitori in tetrapak utilizzati per diversi prodotti alimentari liquidi (latte, bibite, vini, ecc.), ma anche chi impiega “dispositivi realizzati totalmente o parzialmente in materiale plastico che consentono la chiusura (es. tappi) o la presentazione (es. etichette, involti, scatole) di MACSI, come avviene in molti settori dell’abbigliamento o della manifattura in generale che, come detto, acquistano le forniture direttamente in Paesi esteri non soggetti alla medesima imposizione. Sul lato della domanda va considerato che nel settore manifatturiero il 26,4% del valore degli acquisti di materie prime, sussidiarie e di consumo si riferisce a micro e piccole imprese.

Questo meccanismo, a parte l’aumento dei costi per l’impresa (l’imposta è pari ad 1€/Kg.) che potrebbe essere scaricato sul consumatore finale, produce inevitabilmente un onere burocratico aggiuntivo relativo alla dichiarazione ed al versamento trimestrale dell’imposta, con sanzioni particolarmente pesanti: in caso di tardiva o omessa dichiarazione fino a 5000 € e per ritardato o mancato versamento fino al decuplo dell’imposta evasa.

Secondo Confartigianato si tratta quindi di una misura inutilmente vessatoria vestita da “misura di salvaguardia ambientale”, non sostenibile nel breve periodo dal sistema economico e che non individua correttamente le azioni che avrebbero dovuto essere messe in campo per raggiungere efficacemente lo scopo di disincentivare l’uso della plastica.

Colpire indifferentemente tutti i prodotti senza alcuna distinzione è una misura che contraddice ogni razionale politica di sostegno all’economia circolare, che non tiene conto, peraltro, che gli imballaggi in plastica già oggi sono gravati dal prelievo ambientale ambientali del contributo al Conai, che finanzia la loro raccolta e riciclo e che è peraltro applicato in misura differenziata proprio in base alle caratteristiche ambientali dell’imballaggio. Un sistema all’avanguardia che tutto il mondo ci invidia e che ci mette ai primi posti per le politiche di contrasto all’inquinamento.


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